Pagine

mercoledì 26 marzo 2014

Ci siamo !

Ci siamo !
Siamo tornati sui campi,dopo un inverno di "pausa"
..e l'orto riprende vita !

venerdì 18 gennaio 2013


http://www.greenme.it/approfondire/buone-pratiche-a-case-history/9437
Salve a tutti cari amici
Non ci sentivamo da un pò poichè abbiamo avuto dei problemi tecnici con questa pagina web.

Ora sembra risolto e continueremo il nostro lavoro online e dal vivo per poter finalmente realizzare un villaggio ecologico autosostenibile nella provincia di Trieste,basato principalmente su orto a permacultura e/o sinergico rigorosamente biologico,uso di energie alternative rinnovabili,prodotti a km zero,animali a scopo didattico e tante altre belle cose che vi comunicheremo a breve.....

Questo 2013 deve essere un anno di cambiamenti,in questo 2013 l'Ecovillaggio Trieste diventerà realtà !

Per qualsiasi info scrivete pure a :

ecovillaggiotrieste@gmail.com



Ciao a tutti !
A presto !

martedì 19 giugno 2012

Una bottiglia di plastica,acqua e candeggina.La ricetta per la luce gratis !!

L’arte del riciclo è alla base del recupero della plastica per produrre un surrogato all’energia elettrica da usare in tutti quei paesi ancora in via di sviluppo. Questa l'idea sviluppata da un gruppo di studenti americani del Massachussets Institute Tecnology, che servendosi di una bottiglia di plastica da un litro, acqua e candeggina, hanno dato vita alla prima "Solar Bottle Bulbs".

L'invenzione è stata sperimentata con successo in tutti quegli insediamenti ancora privi di energia elettrica nelle Filippine, che attraverso la semplice installazione del dispositivo sul tetto delle proprie abitazioni, servendosi esclusivamente della luce del sole riflessa all'interno del liquido contenuto nella bottiglia potranno illuminare l'intera casa in ogni momento della giornata.L'acqua contenuta nelle bottiglie di plastica viene miscelata con alcuni cucchiaini di candeggina per renderla così sempre limpida e priva di microbi, permettendo così al dispositivo di essere utilizzato per un massimo di cinque anni.
Ad occuparsi dell'installazione l'organizzazione asiatica Isang Litrong Liwanag, che ha già posizionato oltre 10.000 bottiglie, conquistando il favore della popolazione costretta ad usare fino ad ora solamente lampade a benzina che sprigionano sostanze tossiche.


http://www.stilenaturale.com/news/1061/Luce-gratis-usando-una-bottiglia-di-plastica-acqua-e-candeggina.html#.T0UBPSkOEzc.facebook

giovedì 23 febbraio 2012

Forno in terra cruda,come realizzarlo



Come costruire un forno in terra cruda con le nostre mani

Vuoi un forno per le pizze? Oppure un forno per il pane? Fattelo da solo. Non è difficile e costa niente. Leggi come fare



State progettando di acquistare un forno a legna da posizionare nel vostro giardino? Perchè non provate a costruire un forno con le vostre mani realizzando un forno in terra cruda. Sembra davvero incredibile come impastando terra, sabbia e paglia sia possibile dare vita ad un prodotto così complesso. 

Prima di considerare l'eventuale costruzione di un forno in terra cruda è importante procurarsi una buona forza lavoro, chiedendo aiuto ad amici e parenti, poichè il lavoro manuale è davvero faticoso. 
In seguito individuate il posto migliore dove posizionare il vostro forno per il pane, potete scegliere di metterlo in casa o in giardino, anche se sarebbe meglio posizionarlo sotto una tettoia o una veranda così da poterlo sfruttare anche durante la stagione invernale. A questo punto potete iniziare il procedimento per la costruzione del vostro forno in terra cruda cominciando dagli elementi per il suo assemblaggio. 

Occorrente per la costruzione di un forno in terra cruda 
Munitevi di circa una cinquantina di mattoni refrattari e altri laterizi, un ballino di paglia e mezzo metro cubo di sabbia fine da fiume. Evitate di utilizzare la “sabbia di frantoio” perché ottenuta macinando calcinacci e altri rifiuti edili altamente dannosi. 
Per la terra potete benissimo prenderla dal vostro giardino o reperirla presso un contadino (ne bastano circa 7-8 carriole). Una buona terra deve essere composta da un quantitativo di argilla, che gli permette di essere appiccicosa quando bagnata e dura quando asciutta, per testare la validità dell'elemento provate con dei test formando alcune pagnottine miscelate con quantità diverse di sabbia (che serve per smagrire l’impasto), da fare asciugare poi all’ombra. 
Una volta essiccate scoprirete se il composta "ritira" o se compaiono delle crepe, in seguito provate con la cottura delle pagnottine di terra e sabbia per vedere se reggono alle alte temperature. Certe varietà di terra, a causa della presenza di alcuni minerali, manifestano delle crepe all'interno del forno.
Vi consigliamo in alternativa ai mattoni refrattari, per la base, di riutilizzare dei mattoni vecchi da preferire a quelli moderni che si sfogliano al contatto con il calore. 

Procedimento per la costruzione del forno in terra cruda 
Una volta reperito tutto il materiale per la costruzione del vostro forno in terra cruda,  non vi resta che procedere alla sua realizzazione per aiutarvi in questa operazione abbiamo deciso di guidarvi passo dopo passo seguendo e indicazioni del sito Roverella molto qualificato sulla produzione di questo tipo di costruzioni.
Iniziate la preparazione del forno in terra cruda partendo dal basamento posizionando alcuni mattoni refrattari su un leggero strato di sabbia, puntate ad ottenere una superficie piana e liscia evitando però l'utilizzo di malta di alcun genere e senza lasciare che la sabbia penetri tra i mattoni. 

A seguire, con la sabbia umida, modellate un emisfero che abbia le dimensioni dell’interno del forno che volete costruire. Ovviamente non sarà possibile creare un forno di grandi dimensioni, non può essere più ampio di una sessantina di centimetri di diametro. 

Procedete con lo stesso meccanismo usato per mettere in piedi un castello di sabbia, badate bene a creare la cupola di sabbia con una forma liscia e regolare. Non attendete troppo per l'asciugatura, procedete subito col rivestimento di argilla e sabbia.
Un ottima idea è quella di porre qualche foglio di giornale bagnato tutto intorno alla cupola di sabbia, vi servirà quando andrete a scavare via la sabbia individuando il limite tra la sabbia e l’argilla di rivestimento, cosa non del tutto facile. 
E' arrivato il momento di stendere il primo strato d'argilla, questa operazione deve essere fatta con estrema cura onde evitare che la forma di sabbia si rovini o precipiti, cercate di pressare l'argilla sempre su se stessa piuttosto che verso la forma di sabbia.

Aggiungete argilla sino al raggiungimento del colmo della cupola, ricoprendola completamente, importante che lo spessore sia uniforme il più possibile e che aderisca bene alla forma di sabbia. Se ossevate che l'argilla cola via,vuol dire che è troppo bagnata, se invece si sbriciola  o si separa vuol dire che è troppo asciutta. 
A questo punto realizzata la cupola, iniziate ad intagliare la bocca. Se avete azzeccato il mix di sabbia, argilla e acqua potete aprire la bocca subito. Segnate la dimensione della bocca sulla cupola di argilla con un qualsiasi attrezzo appuntito, ricordando che la sua altezza massima deve essere pari a circa il 60/65% dell’altezza totale interna del forno.
Provate ad praticare un piccolo foro per introdurre la mano, portando via solo poco sabbia. Scavare un canale interno non troppo grande aiuterà a far asciugare l’impasto senza troppo comprometterne la stabilità. 

Questa apertura vi permetterà di valutare la stabilità all'interno delle pareti di argilla, se la resistenza è buona, potete procedere con la costruzione. A seguito del taglio della bocca, bisognerà stendere un'ulteriore strato di rivestimento. 
Il primo strato infatti rappresenta quello di cottura, quello che tratterrà il calore del fuoco e lo restituirà ai cibi da cuocere. Dovrà essere creato uno per l'isolamento termico, per permettere al calore di non disperderlo all'esterno.

Lo strato per l'isolamento termico viene composto da un impasto di argilla e paglia di fieno. In alternativa si può usare un impasto di argilla e vermiculite o perlite, o di argilla pura mista ad argilla espansa. Procedete nel rivestimento nello stesso modo del primo strato, aumentando però lo spessore di almeno un terzo, sempre avendo cura di distribuirne una quantità uniforme su tutta la superficie.
A questo punto svuotate completamente il forno dalla sabbia, pulendola via per bene, se desiderate potete inserire una canna fumaria all'interno della bocca del forno praticando un piccolo tunnel all'interno della forma. 
Concludete il vostro forno in terra cruda con l'ultimo rivestimento che servirà a proteggerlo dalle intemperie, adesso scatta la vena artista dentro di voi. Un sottile strato di argilla e sabbia finissima costituirà una sorta di intonaco idraulico, che darà la forma definitiva al forno. 

Per una superficie liscia, aspettate che l’ultimo strato sia quasi secco, e lavoratelo con un panno umido. Mentre per donare una forma artistica al forno, vi consigliamo di mescolare l'argilla al letame secco di animali da pascolo, attraverso delle microfibre vegetali migliora la resistenza e la lavorabilità.
Adesso bisogna aspettare che il forno si secchi per cominciare a cucinare, per l'impazienti accendete dei piccoli fuochi per permettere l'accellerazione della disidratazione e la stagionatura dell’argilla. 
Non rimane che chiamare i vostri amici e offrirgli una bella pizza cotta all'interno del vostro nuovo forno in terra cruda. 

Corso per l'auto-costruzione di forni in terra cruda 
Sicuramente alla lettura di una guida è meglio la pratica manuale per imparare a costruire un manufatto in terra cruda. Proprio per questo in giro per il nostro paese sono moltissimi i corsi dedicati alla realizzazione di forni in terra cruda, essendo un'attività da fare prettamente all'aria aperta quasi tutti i corsi si svolgono nella stagione estiva. 
Quindi siete ancora in tempo per prenotare il vostro posto all'interno della classe, vi consigliamo di consultare il sito Passileggerisullaterra.it 
dove troverete l'elenco dei corsi per l'auto-costruzione dei forni in terra cruda in tutta Italia. 
Dopo aver costruito il vostro forno in terra cruda non vi resta che prepare delle ottime foccace e del buon pane fatto in casa da infornare e gustare in compagnia degli amici. Con il forno in terra cruda avrete un sicuro guadagno, in primis sulla bolletta visto che non utilizzerete la corrente, poi perchè grazie alla capacità della terra di non raffreddare in fretta potete infornare anche più di una volta con un solo fuoco.

Guida ai siti italiani per il baratto e lo scambio online



Dilagano i siti dedicati al baratto e allo scambio che danno tante opportunità di risparmio e di riciclo: vediamo in dettaglio le tante occasioni


Io do una cosa a te e tu la dai a me...” Questa la formula di una delle pratiche economiche più antiche della storia: il baratto. Sembrano essere molte le persone che, complice la crisi, hanno deciso di avvicinarsi nuovamente alla realtà del baratto. Un fenomeno tornato in voga grazie alla decisione di abbandonare la cattiva abitudine dell'usa e getta conseguenza di un consumismo sfrenato, scegliendo di tornare ad essere dei consumatori responsabili. Oltre a risparmiare facendo acquisti senza sborsare neanche un euro, il baratto rappresenta uno dei modi migliori per riciclare i nostri oggetti ridurre la nostra eccessiva produzione di rifiuti
Avevate mai preso in considerazione questa soluzione? Vogliamo darvi alcune indicazioni su come cominciare a barattare nell'era digitale, guidandovi nella ricerca di tutto ciò che desiderate Baratto 


Guida ai siti internet dedicati al baratto 
Avete deciso di ripulire la cantina e vi siete ritrovati con una mole di oggetti di cui non ve ne fate più nulla? E' arrivato il momento di fare il cambio di stagione e qualche taglia in più non vi permette di infilare quei jeans che proprio non volete buttare via? 
In entrambe i casi la parola d'ordine è baratto, in inglese “swapping”, digitatela nel vostro motore di ricerca basta scegliere il portale più adatto alle vostre esigenze ed il gioco è fatto. Non è necessario scambiare oggetti dello stesso tipo , infatti, se volete barattare un libro con una marmellata fatta in casa è possibile.  Una delle piattaforme più conosciute dedicate al baratto online è www.reoose.com
Reoose.com, un vero e proprio eco-store nato con lo scopo di permettere agli internauti di scambiare gli oggetti non utilizzati donandogli così una seconda vita, ovviamente senza alcun utilizzo del denaro. 
Per incominciare a barattare occorre registrasi al portale, ad ogni oggetto inserito verrà attribuito un valore virtuale corrisposto in crediti ( il valore viene stabilito sulla base dello stato effettivo dell'oggetto e sul suo potenziale inquinante), un credito equivale a 0,25 euro che potranno essere utilizzati per avere altri oggetti oppure destinati in beneficienza alle Onlus partner del progetto
Se oltre a barattare i vostri oggetti volete anche fare nuove amicizie allora il portale giusto per voi è sicuramente Zerorelativo.it, la prima community italiana dove gli utenti sono accumunati da un solo desiderio quello di barattare, donare e prestare. 
Accedendo al social network, con una registrazione, i "barter" possono iniziare a fare proposte di scambio indicando sempre l'oggetto che volete offrire in cambio. Ricordate sono assolutamente vietate le trattative di compravendita, il motto di Zerorelativo.it è : "...il tuo oggetto è la tua moneta". 
In un momento economico difficile come questo la prima cosa che decidiamo di sacrificare è di certo quella di andare a fare un week end fuori città. Una buona notizia arriva dal sito 
 Settimana del Baratto, che permette di rintracciare tutti quei bed and breakfast pronti a scambiare un soggiorno all'interno della loro struttura in cambio di beni o servizi. 
Questa iniziativa di solito si svolge una settimana all'anno anche se esistono bed and breakfast presenti in ogni regione d'Italia che decidono di estendere la possibilità di baratto a tutto l'anno. Andate sul sito scegliete dove soggiornare e concordate con il gestore del B&B cosa voler scambiare o quale servizio concedere.... e poi vi resta solo di preparate le valigie e partire !!!

Organizza uno "Swapping Party" 

Ricordate quando tra vicini di casa o amici di famiglia ci si scambiavano accessori della prima infanzia e vestiti dismessi dei propri figli di generazione in generazione. Perchè non tornare alle care vecchie tradizioni organizzando una festa del baratto dove invitare i vostri amici basta poco: scegliete un giorno, un posto spazioso per disporre la merce, il tema dello scambio e con una e-mail comune riunite tutte le persone accumunate dal desiderio di scambiare oggetti. 
Più persone si invitano, più aumentano le possibilità di scambio. Non solo passerete una giornata diversa, perchè una volta che avete trovato quello che cercavate, potete prendere un aperitivo con gli amanti del baratto.... magari troverete anche nuovi amici!!!


Scambio casa- Una vacanza alternativa 
Girare il mondo a costo zero risparmiando sulle spese per l'alloggio con lo scambio casa è possibile. Di che si tratta? Scambiare la propria casa con un'altra persona interessata in qualsiasi parte del globo. 
Organizzare questo genere di vacanza alternativa è semplice visitate il portale Scambiocasa.com e spulciando tra le oltre 41.000 schede delle persone interessate al servizio non vi resta che individuare il posto dove desiderate passare la prossima estate. 
Oltre alla soluzione dello scambio casa esiste anche quella dello scambio di ospitalità che prevede che ci si ospiti a vicenda in periodi diversi. Una formula per i più scettici, poichè il partner per lo scambio starà con te nella tua casa e poi tu starai con lui nella sua come ospite.
Non createvi problemi se avete una casa piccola o siete fuori dal centro storico della vostra città perchè spesso gli stranieri cercano alloggi dove poter visitare anche parti sconosciute delle città più famose. E poi ricordate la pellicola con Kate Winslet e Cameron Diaz "L'amore non va in vacanza" le due con un semplice scambio di abitazione trovano anche l'uomo giusto..... non sia mai capiti anche a voi!!!


Banca del tempo 
Concludiamo la nostra guida sul baratto parlandovi di una delle associazioni più conosciute che si occupa di questa pratica: la  Banca del Tempo. Una vera e propria comunità dove le persone mettono a disposizione le proprie capacità, i propri beni ed i servizi che possono donare con la possibilità di scambiarli con gli altri iscritti. 
La banca del tempo, infatti, è una circolo che prevede l'iscrizione dei suoi soci con una quota associativa di 12 euro, comprendente un'assicurazione per eventuali rischi, ed ha diritto sino a 50 ore di credito libero per usufruire dei servizi concessi dagli altri soci. 
Ormai esistono banche del tempo in ogni regione italiana pronte a permettere a cittadini di ogni età ed estrazione sociale di familiarizzare fra loro attraverso il baratto. Essendo gli scambi in "valuta tempo" legali ed in esenzione fiscale, anche le associazioni, gli enti pubblici no profit possono essere iscritti alla banca del tempo. Per trovare quella più vicina a te visita il sito del tuo comune di residenza. 

Maria Giovanna Tarullo

Come farsi gli assorbenti lavabili da sole: come farli, con quali materiali, come si usano, i tutorial


Come farsi gli assorbenti lavabili da sole: come farli, con quali materiali, come si usano, i tutorial

Ogni donna utilizza nella vita 12.000 assorbenti usa e getta ai quali ci vorranno 500 anni per smaltirsi. Qui una guida per farsi da sole gli assorbenti igienici lavabili

assorbenti lavabili, assorbenti interni, assorbenti, cotone organico

Amiche,vi è mai capitato di quantificare il numero di assorbenti che utilizzate ogni qual volta che avete il ciclo mestruale? Sembrebbe proprio che una donna nel corso della sua vita fertile usa in media qualcosa come 12.000 assorbenti usa e getta, che impiegano dai 6 mesi degli assorbenti interni ai 500 anni dei classici assorbenti per essere completamente smaltiti, andando ulteriormente ad incrementare il numero di rifiuti  nelle discariche.

Se desiderate vivere una vita fertile in maniera "responsabile" e ve la cavate con lamacchina da cucire, con un pizzico di creatività e tanta pazienza, riuscirete a dare vita ad una valida alternativa all'utilizzo degli assorbenti usa e getta fabbricando con le vostre mani degli assorbenti lavabili.
Scegliere di produrre degli assorbenti lavabili da sole rappresenta un vero e proprio investimento, non solo per quanto riguarda la vostra salute, anche per quanto riguarda la parte economica visto il periodo di crisi. Una volta realizzati, infatti, la preoccupazione di averli finiti nel momento in cui vi occorrono sparirà ammortizzando il costo negli anni.


I MATERIALI
In questo articolo troverete alcune semplici indicazioni per confezionare in casa degli assorbenti lavabili. Innanzitutto occorre individuare il materiale con cui volete realizzare l'assorbente, naturalmente ogni donna individuerà il tessuto che la farà sentire a proprio agio, di solito viene adoperato del cotone organico che richiede una manutenzione estremamente semplice e non provoca irritazioni alle parti intime.
In alternativa è possibile adoperare anche del pile, che con la sua grande assorbenza permette alla pelle di rimanere asciutta, facilmente sostituibile dalla flanella, dalla cinigliao dalla spugna di cotone...vi consigliamo di sbirciare negli armadi per reperire del materiale avanzato con cui cucire i vostri assorbenti lavabili.

IL CARTAMODELLO

Il secondo step è quello di procurarvi un cartamodello da cui prendere ispirazione per disegnare il vostro assorbente lavabile a seconda delle esigenze se avete un po' di dimestichezza con la lingua inglese digitando su un qualsiasi motore di ricerca la parola chiave "free menstrual cloth patterns" troverete una vasta scelta di cartamodelli.
A concedere gratuitamente cartamodelli per ogni occasione e tipo di flusso mestruale, inclusi anche i salvasplip, il blog: http://agofollia.blogspot.com/. Ricordiamo che ogni cartamodello è coperto da copyright, quindi non usateli per scopi commerciali.


LA REALIZZAZIONE: I TUTORIAL
Una volta munite di tutto il materiale non vi resta che mettervi a lavoro abbiamo individuato per voi dei tutorial dettagliati da cui potere prendere spunto per iniziare a fabbricare l'assorbente lavabile.
Una descrizione dettagliata e corredata da foto che mostrano passo dopo passo la fase di realizzazione dell'assorbente è sicuramente http://www.lacasanellaprateria.com/2008/11/proteggislipassorbenti-lavabili-come-farli-da-se/.
Un ottimo tutorial da prendere in considerazione all'interno del blog, conosciuto per sue lezioni guidate su come si confezionano vari prodotti eco-alternativi,http://tretopini.blogspot.com/2008/11/come-confezionare-un-assorbente.html


LA MANUTENZIONE
Quando avrete tra le mani il prodotto ultimato dovrete provvedere ad un'adeguata manutenzione per far si che durino a lungo.
Avendo adoperato puro cotone organico per rimuovere buona parte del sangue occorre immergerlo in una bacinella con acqua fredda e bicarbonato, oppure con un sapone da bucato, e metterlo in lavatrice da soli o con altri capi a 50/60°C.
Cercate di non lasciare mai che il sangue si secchi a contatto con l’aria, inoltre, vi consigliamo di evitare l'uso dell'ammorbidente nel lavaggio poichè andrà a ridurre la capacità di assorbenza del tessuto. Lasciateli asciugare all'aria aperta. 
In questo modo torneranno morbidi e resistenti come quando li avete indossati per la prima volta.


mercoledì 8 febbraio 2012

Alimenti biologici: il bio che viene da lontano non ti dà una mano!


Cibo biologico fa rima con cibo sano, naturale e soprattutto a km zero. E chi compie una scelta simile, decide diaffidarsi alla produzione locale, privilegiando frutta e verdura di stagione con la certezza che non siano stati usati prodotti chimici durante la fase di coltivazione.
Tuttavia sembra che nell’ultimo periodo la voglia di espandere sul mercato i prodotti biologici per accaparrarsi una sempre maggiore clientela, stia provocando qua e là del disorientamento.
A sollevare la questione è David Agren, giornalista del New York Times, che il 30 dicembre ha pubblicato un articolo dal titolo “Organic Agriculture May Be Outgrowing Its Ideals” (L’agricoltura biologica sta perdendo forse i suoi ideali?). Se sul banco del mercato – ragiona Agren – sono disponibili pomodori, basilico e peperoni quando le temperature esterne sfiorano gli zero gradi,evidentemente si tratta di prodotti di importazione.
Il Dipartimento dell’Agricoltura li certifica come biologici ma tanto “bio” non ci sembrano se vengono importati dalle zone calde, venendo meno a uno dei principi basilari della coltivazione biologica ovvero la produzione in loco. Attualmente la richiesta di export da parte degli USA per i pomodori del Messico, Cile e Argentina è talmente elevata che le varie cooperative agricole si sono viste costrette ad impiantare dei sistemi di irrigazione forzata per garantire una produzione massiccia.
Le piccole aziende biologiche non riescono a sostenere ritmi così elevati per cui devono necessariamente farsi da parte. In più c’è da ricordare che la pratica sfrenata delle monocolture e l’ipersfruttamento dell’acqua necessaria alla coltivazione si rivelano a lungo andare dannosi per il terreno stesso.
Come spesso accade, quando i guadagni sono allettanti, si finisce col perdere di vista i principi fondanti di un progetto. Le leggi del mercato sono spietate e se la competitività non è disciplinata da un corretto approccio alla produzione si degenera in mero business, al punto che gli ideali dell’agricoltura biologica rischiano di diventare solo un vago ricordo.





http://www.tuttogreen.it/il-bio-che-viene-da-lontano-non-ti-da-una-mano/

Ecovillaggio



Che senso ha oggi vivere in un ecovillaggio? E soprattutto come si fa a farne parte?

In una società profondamente individualistica come quella attuale, l’idea di vivere insieme ad altre persone condividendo professionalità, esperienze, affetti, risorse economiche e intellettuali può destare meraviglia. Tuttavia sono sempre più numerose le persone di età e percorsi diversi che non si rassegnano a vivere in anonimi condomini, trincerati nel proprio appartamentino dotato di tutti i confort, ma sempre più spesso privo dell’optional più prezioso: il calore umano, la solidarietà dei vicini, l’umanità di chi ci vive intorno.

Se ci guardiamo con onestà dentro, la principale mancanza che viviamo in questi anni è proprio il senso di appartenenza. Si tratta di uno sradicamento profondo che si tinge di sfumature diverse, ma che tocca tutti, senza distinzione di ceto sociale, età e sesso, accentuato ancor più negli ultimi anni dall’impetuoso processo di globalizzazione economica e culturale in atto. La sua origine ha sicuramente a che fare con due processi, tipici di tutte le società cosiddette avanzate: l’affermazione della famiglia mononucleare, che ha impoverito drasticamente l’universo affettivo di adulti e bambini, e l’economia mercantile, che ha spezzato definitivamente il legame tra chi produce un bene e chi lo utilizza. A rendere ancora più arido il paesaggio esistenziale dell’uomo contemporaneo è anche il progressivo annientamento dell’ambiente naturale, da sempre luogo di connessione tra l’essere umano e le sue radici più ancestrali.

L’ecovillaggio e il cohousing ecologico rappresentano il tentativo di ricostruire una nuova socialità in grado di superare il disorientamento e la povertà affettiva della globalizzazione, creando nuovi vincoli basati su un progetto comune di «umanizzazione» di un pianeta sempre più privo di umanità e ormai sull’orlo del collasso. Abituati a vivere le nostre vite conoscendo a mala pena il vicino di pianerottolo, stupisce che sia possibile condividere fuori della cerchia ristretta dei legami parentali l’educazione dei figli, la preparazione dei pasti, le pulizie, il lavoro, in alcuni casi persino l’economia. Eppure si tratta di scelte che oltre a migliorare la qualità della vita, perché liberano il tempo e aumentano la socialità, portano a una riduzione sensibile dei costi economici e ambientali.

Sono scelte che, come direbbe Maurizio Pallante, riducono il prodotto interno lordo, ma aumentano la felicità netta. Provate a immaginare quanti televisori, lavatrici, lavastoviglie, scaldabagni, automobili ci sono in un normale condominio.
Se le stesse persone decidessero semplicemente di condividerne l’uso, invece di dieci lavatrici ne potrebbe bastare una, magari più capiente; e così per la caldaia, il televisore o la lavastoviglie; e forse invece di dieci auto, che viaggiano per gran parte del tempo con un unico passeggero, ne basterebbero tre o quattro.
Sembra impossibile. Eppure questo è quanto avviene in numerose esperienze di ecovillaggio in Italia e nel mondo.

Un ecovillaggio è comunque qualcosa di più della semplice condivisione di uno spazio e di qualche elettrodomestico: si tratta di condividere con un gruppo di persone una visione e sperimentare concretamente nel quotidiano uno stile di vita in armonia con la natura basato sui valori di solidarietà, partecipazione, ecosostenibilità e decrescita.
Ogni ecovillaggio ha la sua storia, la sua filosofia e organizzazione, ma due sono gli elementi fondamentali che lo caratterizzano: l’intenzionalità e l’ecosostenibilità, dove per comunità intenzionale si intende «un gruppo di persone che hanno scelto di lavorare insieme con l’obiettivo di un ideale o una visione comune».
Per quanto riguarda la sostenibilità, la Rete italiana villaggi ecologici (Rive) promuove una ecosostenibilità a 360 gradi. Così come recita la Carta degli intenti, gli ecovillaggi «si ispirano a criteri di sostenibilità ecologica, spirituale, socioculturale ed economica, intendendo per sostenibilità l’attitudine di un gruppo umano a soddisfare i propri bisogni senza ridurre, ma anzi migliorando, le prospettive delle generazioni future».

Ecovillaggio, cantiere sociale
Soddisfare i propri bisogni come gruppo non significa isolarsi dal mondo per creare un’isola felice di utopia. Chi interpreta l’esperienza degli ecovillaggi come una sorta di fuga dalla società o come scelta individualistica si sbaglia. Lo slogan: «Un mondo migliore è possibile: noi lo stiamo costruendo» coniato dalla Rive in occasione del Social forum europeo del 2003, esprime molto bene il contributo che l’esperienza degli ecovillaggi può offrire al processo di trasformazione della società. E l’interesse crescente per tale movimento è una prova concreta di questo desiderio di cambiamento. Giovani e meno giovani, singoli e coppie, lavoratori e disoccupati, baby pensionati, ma anche professionisti e imprenditori: l’idea sembra coinvolgere in maniera trasversale fasce generazionali, strati sociali ed esperienze d’impegno politico e sociale più diverse. Questo bisogno di un «mondo migliore», oggi è sperimentato concretamente negli oltre tremila ecovillaggi diffusi oramai in tutto il pianeta senza distinzione di continenti e paesi.

L’area più ricca di comunità ed ecovillaggi è il continente americano, dove si contano almeno 2000 comunità, il 90 per cento delle quali situate negli Stati Uniti, con un numero di membri stimano intorno alle 100.000 persone. In Gran Bretagna e Irlanda sono segnalate circa 250 comunità con 5000 membri. In Germania sono oltre cento, in Francia 33, nei Paesi Bassi 13, nei paesi scandinavi circa 28. In Spagna e Portogallo 23 in tutto.

Il panorama italiano
Dal punto di vista numerico, il panorama italiano è abbastanza povero: si contano non più di una ventina di realtà comunitarie, cui vanno aggiunti cinque-sei progetti, cioè esperienze in via di formazione. Pur presentando esperienze di punta per dimensione (vedi Nomadelfia e Damanhur, la prima con 300 e la seconda con oltre 600 membri residenti) e storia (La Comune di Bagnaia è stata fondata nel ’79), in Italia non è molto facile inserirsi in un ecovillaggio. Le poche realtà esistenti, almeno quelle già consolidate, sono sovrapopolate e ancora maggiori sono le difficoltà per chi intende realizzare un ecovillaggio ex-novo. Il prezzo della terra ha oramai raggiunto valori insostenibili, mentre la precarietà diffusa e la difficoltà di trovare lavoro non facilità né l’accumulazione delle risorse necessarie, né tanto meno lo spostamento da un città all’altra per avvicinarsi a eventuali progetti in via di realizzazione.

Oggi, rispetto a vent’anni fa, il costo della terra è enormemente lievitato, rendendo in molti casi proibitivo l’acquisto di un immobile, in città o in campagna. Nonostante questo quadro poco rassicurante, non mancano comunque esperienze incoraggianti come l’ecovillaggio di Coricelli, in Toscana; Granara, in provincia di Parma e alcuni interessanti progetti che sono in fase di realizzazione in Sardegna. Quel che viene chiesto alla nuova generazione di ecovillaggisti è un grande sforzo di creatività per inventarsi nuove soluzioni. Risulta evidente che oggi il modello «Comune di Bagnaia» o «Ecovillaggi Torri Superiore», è una strada difficilmente percorribile, si tratta di trovare nuove forme di aggregazione comunitaria. Una strada può essere quella del cohousing: una sorta di condomino solidale, sperimentato con successo dall’associazione Mondo di Comunità e famiglia; l’altra, tutta da inventare potrebbe essere una sorta di «ecovillaggio diffuso», dove uno o più nuclei, pur conservando la loro individualità si mettono in connessione con famiglie, singoli e realtà associative del luogo per realizzare una rete solidale territoriale, in grado di fungere da riferimento per tutti coloro che vogliono concorre alla realizzazione di un «mondo migliore » a partire dal loro quotidiano.